venerdì 3 maggio 2024

Perché lo faccio?

All’indomani della giornata del Primo Maggio un breve racconto per riflettere sul mondo del lavoro, sulla difficoltà di trovarne uno, sull’assenza di diritti e sul terrore di perderlo.

Mattina, pomeriggio e sera. Mattina, pomeriggio e sera. Mattina, pomeriggio e sera tutte uguali. È questa la vita di Jack, da quando è entrato in quella fabbrica. 

Jack è un uomo umile, con una moglie e tre figli da mantenere. Abita in una piccola casa nella periferia di un paese, vicino alla fabbrica che gli ha rovinato la vita. Ogni giorno, ogni dannato giorno della sua vita, costretto a stare lì, al suo posto, a riprodurre per ore, ore ed ore lo stesso identico gesto.

“Vado a lavoro” dice Jack alla moglie, quando la mattina presto, quando fuori è ancora buio, si alza per andare in quell’inferno. Le dà un bacio sulla guancia, lei gli rivolge uno sguardo di comprensione, ma anche di estrema tristezza, perché vive ogni giorno senza suo marito, che è da qualche parte, lì, in quella fabbrica, per poter portare da mangiare a lei e ai figli. Jack passa dalla camera dei figli, i figli che vivono l’assenza del padre. 

E così Jack va a lavoro, e appena entra in quella fabbrica lo vede, il suo più grande nemico, l’uomo che gli ha rovinato la vita: Henry Ford, “il grande uomo che ha diminuito i tempi di produzione da dodici ore a una sola”, apparentemente un eroe, ma tutto quello che c’è dietro non viene visto. La sanità mentale e fisica di Jack e altre milioni di persone, dopo aver mosso sempre gli stessi arti, continuamente, viene considerata? Solo chi non la prova non lo può capire, e a non farlo era proprio Henry Ford. Jack se lo ripeteva sempre: quell’uomo pensava solo alle conseguenze positive di quella tecnica chiamata “catena di montaggio”. Ma Jack non poteva perdere tempo, doveva mettersi a lavorare, quindi si mette lì, al suo posto, e inizia, inizia a compiere sempre lo stesso movimento, e non avrebbe visto e fatto altro per quelle ore successive. 

“Che cosa fai nel tuo lavoro?” chiesero un giorno a Jack, e Jack non seppe rispondere. Jack non aveva la minima idea di quello che facesse, a cosa servisse e  per cosa lavorasse. 

Ma Jack lo stava capendo pian piano, Jack stava capendo che questa non era vitae- e doveva fare qualcosa. Così lo fece. Di punto in bianco se ne andò, scappò via, verso quell’uomo. Gli urlò contro: “Questa non è vita, non è modo di lavorare, tutto per il tuo interesse di produrre di più, ma lo sai cosa c’è dietro?”.  Jack aveva alzato molto la voce e lo sentirono in tutta la fabbrica. In quel momento si sentì liberato. Era quello che voleva dire da quando aveva messo piede in quel posto. Era giovane, aveva una moglie e dei figli che amava. Perché doveva rovinarsi così? Ma la reazione di Henry Ford fu uno sguardo. Con quello sguardo Jack capì tutto. Senza lavoro sarebbe andato in rovina e non avrebbe potuto più portare da mangiare alla famiglia. Fu quello il suo maldestro tentativo di cambiare le cose, ma da solo non poteva riuscirci.

Biagio SanroccoClasse 3^ C


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